lunedì 30 aprile 2012

Hunger Games


Ne abbiamo sentito parlare per mesi, lo abbiamo atteso per mesi: ora finalmente i giochi sono iniziati.
Tratto dalla trilogia di romanzi di Suzanne Collins, Hunger Games in America è il fenomeno cinematografico dell'anno, ha conquistato tutte le copertine delle più importanti riviste di spettacolo e ha sbancato i botteghini.


Ma c'è un ma.
Per mesi abbiamo anche sentito dire che Hunger Games altro non è che la copia americana di Battle Royale, fumetto giapponese, divenuto poi un film nel 2000, amatissimo da Tarantino
Ed è vero, l'idea di partenza è la stessa, non si può negare, lo sviluppo e gli intenti sono però assai differenti.


Partiamo con ordine: in un futuro non molto lontano l'America è diventata lo stato di Panem, suddiviso in 12 distretti con Capitol City come cuore economico e politico. 
A causa di una ribellione scoppiata 70 anni prima, ogni anno si celebrano gli Hunger Games, in cui da ogni distretto vengono estratti a sorte un ragazzo ed una ragazza di età compresa tra i 12 e i 18 anni da mandare a combattere all'ultimo sangue nell'arena.
L'unico vincitore otterrà fortuna e gloria nonché provviste per il suo distretto.
E fino a qui sembra proprio Battle Royale.


A fare la differenza però sono i personaggi e le ambientazioni: mentre nell'opera giapponese c'è sostanzialmente un gusto cieco e puramente ludico per la violenza, qui si cerca di creare una vera e propria distopia in stile 1984, con situazioni e personaggi che cercano di dire qualcosa parlando d'altro. La natura commerciale e ludica dei giochi rispecchia in parte gli spettacoli televisivi a cui siamo da tempo abituati, la sovraesposizione dei protagonisti ci ricorda i social network e l'estenuante ostentazione di costumi e sponsor cerca di far riflettere un pubblico giovanissimo ormai anestetizzato e abituato a storie patinate e conservatrici come Twilight.


In Hunger Games c'è un sottile spirito rivoluzionario: la protagonista Katniss - una perfetta Jennifer Lawrence, che con il suo fisico massiccio e forte ed il volto duro e dolce allo stesso tempo è una combattente nata -, che si sacrifica per la sorellina estratta a sorte, è una ragazza che prima pensa alla sua famiglia, poi cerca di sopravvivere ed infine si rende conto che la lotta vera è da fare contro il sistema stesso. Un discorso agli antipodi rispetto alla violenza come spettacolo di Battle Royale e ai vampiri bigotti di Twilight.
E' vero, poi c'è anche il triangolo amoroso, ma quale storia non ha bisogno di un po' di sentimento?


Detto questo, il film ha diversi difetti: la prima parte è quella che funziona di più, affascinante nella ricostruzione dei vari distretti, con colori ed abiti che rispecchiano lo stato sociale degli abitanti. Straordinari i costumi sgargianti e vistosi di Capital City, i trucchi e le pettinature; emozionante la parte della preparazione dei giochi, in cui spiccano Haymitch, l'ex vincitore dei giochi e maestro di Katniss interpretato da Woody Harrelson, lo stilista Cinna, con il volto, glitteratissimo, di Lenny Kravitz, ed il sempre eccelso Stanley Tucci nei panni del presentatore tv Caesar Flickerman.
Dove il film delude è proprio al momento dei giochi: la violenza è ridotta al minimo, e la scelta può essere condivisibile, ma l'azione è purtroppo gestita in maniera confusa. Le scene d'azione non convincono ed il finale è malamente sciupato, facendo terminare il film in fretta e furia nonostante le oltre due ore di durata in cui sarebbe stato possibile costruire una fine degna della prima parte.
Inoltre si intuisce che molti passaggi del libro sono stati sacrificati, che ci sono in gioco diversi sentimenti non detti e sottotrame non approfondite.


Nonostante i difetti, Hunger Games è una storia per ragazzi che ha cuore e che costruisce dei personaggi forti e convincenti: finalmente un'eroina tosta sul serio, sia mentalmente che fisicamente (grande Katniss, fai vedere che le ragazze non sono solo sospiri languidi e voglie represse!) ed una trama che cerca di dire di più della solita storia d'amore noiosa e banale. 


Stanley Tucci e Jennifer Lawrence


La citazione: "Anche se dovessi morire continuerò ad essere me stesso"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥

Uscita italiana: 1 maggio 2012

Titolo originale: The Hunger Games
Regia: Gary Ross
Anno: 2012
Cast: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Stanley Tucci, Wes Bentley, Willow Shields, Liam Hemsworth, Elizabeth Banks, Woody Harrelson, Lenny Kravitz, Donald Sutherland

domenica 29 aprile 2012

Person of Interest, cronache di crimini annunciati

La geniale invenzione di una macchina che prevede reati e svela l’identità di una persona coinvolta nei fatti, senza però precisare se sarà la vittima o l’artefice. E' la premessa di "Person of Interest" serie prodotta da J.J. Abrams su Mediaset Premium Crime dal 27 aprile 


Da quando gli aerei dirottati da al Qaeda hanno fatto crollare le due torri nel World Trade Center di New York nell’ormai famigerato 11 settembre 2001, voci su un sistema di controllo globale si sono fatte sempre più insistenti. L’intelligence americana avrebbe infatti sviluppato un complesso sistema di sorveglianza in grado di valutare ogni singola mail, ogni telefonata, ogni messaggio inviato e ricevuto dalla popolazione, in modo da poter sventare in tempo eventuali attacchi terroristici. 

In “Person of Interest”, nuova serie tv prodotta dalla CBS, questo processo è effettuato da una macchina progettata da un ingegnere che sviluppa inizialmente il progetto per il governo americano, ma che poi si fa prendere dagli scrupoli quando il congegno comincia ad elaborare dati considerati irrilevanti, come rapine, omicidi, rapimenti, sfruttando i quali si potrebbero però salvare singole persone. 

Vi vengono in mente “Minority Report” e “Il Cavaliere Oscuro”? Bravi, perché a scrivere il soggetto della nuova serie targata CBS è proprio Jonathan Nolan, fratello del regista Christopher, autore dei soggetti e delle sceneggiature di film come “Memento”, “The Prestige” e, appunto, “Il Cavaliere Oscuro”. Ad affiancare Nolan c’è inoltre un altro grande nome, l’onnipresente J.J. Abrams, autore di “Lost” e ormai regista affermato, che in questo caso produce. 

Un ingegnere in preda ai rimorsi dicevamo, si tratta del miliardario Harold Finch, interpretato da Michael Emerson, il Benjamin Linus di “Lost”, che decide di utilizzare i dati considerati irrilevanti dal governo per salvare quante più persone possibile. Per farlo Finch deve cercare un braccio destro, un uomo in grado di sventare i crimini sul campo: la scelta ricade su John Reese, ex agente della CIA considerato morto, interpretato da Jim Caviezel, al suo secondo ruolo televisivo dopo la partecipazione alla mini-serie “The Prisoner”. La strana coppia si trova a risolvere casi che devono ancora avvenire, grazie ai nomi forniti dalla macchina che di volta in volta possono essere sia del carnefice, sia della vittima, sia di persone coinvolte. 

Accolto con entusiasmo dalla critica e dal pubblico in America, ha infatti vinto il People’s Choice Award come miglior nuova serie drammatica, “Person of Interest” è un prodotto dal grande potenziale, che parte in sordina nelle vesti di un procedurale ma che poi rivela una trama orizzontale interessante, che diventa man mano più intricata con la lenta scoperta del passato dei due protagonisti principali. Oltre alla trama infatti, che migliora col tempo come il buon vino, il grande polo d’attrazione della serie sono proprio i due protagonisti, interpretati egregiamente da Caviezel ed Emerson, che incarnano due solitudini che si completano, offrendo sia spunti comici con i loro battibecchi, sia drammatici, grazie all’approfondimento del loro oscuro passato. 

La prima stagione è composta da 23 episodi ed in Italia andrà in onda su Mediaset Premium Crime a partire dal prossimo 27 aprile.


Pubblicato su TvZap.

Attenti a quei due, che strana coppia a Dallas

Dal 28 aprile su Fox una nuova serie che strizza l'occhio ai polizieschi vintage. Un agente vecchio stile alcolista e digiuno di nuove tecnologie, un giovane pedante, fresco di accademia. Detective e ironica fra sparatorie, inseguimenti, battute demenziali


Poliziotto buono e poliziotto cattivo: un classico che negli interrogatori fa sempre effetto. Al dipartimento di polizia di Dallas c’é però una coppia di tutori della legge che evita questo cliché: Dan Stark (Bradley Whitford) e Jack Bailey (Colin Hanks) sono una coppia di folli. 

Dan è un agente vecchio stile: baffoni, Ray-Ban e giacca di pelle, è rimasto fermo agli anni Ottanta, è del tutto digiuno di internet e nuove tecnologie, beve sul lavoro, è imprevedibile e si è guadagnato lo status di intoccabile per aver salvato la figlia del governatore trent’anni prima; Jack invece è un giovane poliziotto ambizioso fresco di accademia, con poca esperienza sul campo, meticoloso e un po’ pedante, messo in coppia con Dan per sorvegliarlo e impedirgli di far fare brutte figure al dipartimento. 

Insieme, i due si occupano dei “crimini minori” della città, come i furti domestici, designati con il “codice 58″: frustrati dalla poca considerazione cui sono relegati, si convincono che non esistono piccoli crimini ma solo piccoli poliziotti. Lo strano duo cerca infatti di inserire sempre il piccolo crimine in un quadro più grande e finisce per trovarsi coinvolto in casi importanti grazie ai quali poter fare finalmente il salto di carriera. Ma con scarso successo. 

La serie creata da Matt NixLa strana coppia” si inserisce nel filone poco esplorato, in questi anni, della commedia poliziesca: la strana coppia del titolo sembra infatti fare il verso ai super-poliziotti pieni di coraggio e irruenza degli anni Ottanta e ai nuovi miti della scienza forense sempre ben vestiti. 

La comicità è affidata interamente ai protagonisti, ideali per i loro ruoli: Bradley Whitford è un Dan perfetto, sempre imprevedibile, con l’occhio alcolico e la mano pronta per sparare colpi impossibili, Colin Hanks invece, che ormai è un veterano delle serie tv avendo preso parte a “Roswell”, “Band of Bothers”, “O. C.”, “Mad Men”, “Numbers” e “Dexter”, incarna con disinvoltura il poliziotto nevrotico e puntiglioso, che impazzisce al fianco del ben più estroso collega ma che poi finisce per completarlo e sostenerlo. 

Inseguimenti comici, scambi di persona, sparatorie assurde, battute al limite della demenzialità: “La strana coppia” è un prodotto ironico, dichiaratamente e sfacciatamente cialtrone, perfetto per ridere di pancia grazie ai carismatici protagonisti. 

La prima e unica stagione, composta da 20 episodi, andrà in onda su Sky, sul canale Fox, a partire dal prossimo 28 aprile.


Pubblicato su TvZap.

Fuori dal ring, la metà oscura della boxe

Dal 29 aprile su Fox la serie in 13 episodi che racconta la parabola di un pugile caduto in disgrazia e il suo desiderio di rivalsa, tra frustrazioni e affari sporchi. Dopo una gloriosa tradizione cinematografica, i guantoni approdano anche sul piccolo schermo 


Un ring, una folla urlante, due uomini che se le danno di santa ragione. La boxe è uno sport che diventa facilmente metafora della vita, della lotta per la sopravvivenza, del desiderio di autoaffermazione. Attraverso il quale parlare della natura violenta dell’uomo e del suo amore per il sangue. Al cinema la boxe è stata raccontata da moltissime pellicole. Alcune sono dei capolavori senza tempo, altre sono diventate veri cult, basti ricordare “Toro Scatenato” di Martin Scorsese con Robert De Niro, “Lassù qualcuno mi ama” di Robert Wise con Paul Newman, “Million Dollar Baby” di Clint Eastwood con Hilary Swank e la saga di “Rocky”, cha ha fatto di Sylvester Stallone una star mondiale. 

In tv il pugilato è stato poco raccontato. Forse perché l’immediatezza di un incontro si presta di più ad un lungometraggio. “Fuori dal ring", la nuova serie prodotta da Fox e creata da Justin Zackham, colma questa lacuna raccontando la storia del pugile Patrick Leary, detto Lights, interpretato da Holt McCallany, campione della categoria pesi massimi cui viene ingiustamente tolto il titolo dopo un violentissimo incontro con il rivale Richard Raynols, soprannominato “Braccio della morte”. Dopo quel match, che ha quasi fatto perdere la vita al pugile, la moglie di Patrick, Theresa (Catherine McCormack, la Murron di “Braveheart”), chiede al marito di smettere di combattere. Cinque anni dopo il fatidico incontro e appesi i gunatoni al chiodo, Patrick si ritrova pieno di debiti, con il fisco che minaccia di portagli via tutto e tre figlie da mantenere. Per poter sopravvivere si fa coinvolgere dal fratello Johnny (Pablo Schreiber), divenuto il suo manager, in diversi affari loschi per poi convincersi ad accettare di combattere di nuovo con il rivale Raynolds. Obiettivo: il denaro, ma soprattutto il riscatto. 

Non solo allenamento, competizione e sudore. “Fuori dal ring” ci mostra soprattutto quello che accade quando i riflettori si spengono e la folla va a casa. Colonna portante della serie sono le motivazioni, le ripercussioni che una professione del genere ha sulla vita familiare e affettiva, sulla salute e sulla psiche di chi indossa i guantoni. Il protagonista Patrick Leary, un Holt McCallany perfettamente in parte, dotato sia del physique du rôle sia della giusta intensità espressiva, è un uomo la cui “fede” è rappresentata dal proprio corpo e dalla propria famiglia: in lui la carne si fa veicolo di valori, aspirazioni e speranze, il corpo diventa il mezzo per raggiungere gli obiettivi. Quando Patrick smette di combattere è come se perdesse allo stesso tempo la propria identità e la capacità di sostenere la propria famiglia. 

Raccontato con tempi insoliti per la televisione, con diverse digressioni e pause, “Fuori dal ring” è un prodotto insolito e interessante, adatto anche a chi non si intende di pugilato. La prima e unica stagione, tredici episodi, andrà in onda sul canale Fox di Sky a partire dal prossimo 29 aprile.


Pubblicato su TvZap.

venerdì 27 aprile 2012

Citazione Cinematografica n. 210

"Nessuno t'amerà mai come ti ho amato io. C'erano momenti disperati che non ne potevo più e allora pensavo a te e mi dicevo: "Deborah esiste, è la fuori, esiste!" E con quello superavo tutto. Capisci ora cosa sei per me?"

da: C'era una volta in America

Robert De Niro


Titolo originale: C'era una volta in America
Regia: Sergio Leone
Anno: 1984
Cast: Robert De Niro, James Woods, Elizabeth McGovern, Joe Pesci, Danny Aiello, Treat Williams, Tuesday Weld, Burt Young

RadioVisioni su Radiorizzonti: le uscite del 27/04/2012


Michael Fassbender in Hunger di Steve McQueen

Anche oggi nella rubrica Radio Visioni su Radio Orizzonti parlerò delle uscite della settimana: Hunger, The Avengers, Il castello nel cielo, La casa nel vento dei morti, Maternity Blues, Ho cercato il tuo nome, The Rum Diary

E come sempre la citazione cinematografica della settimana.

Per ascoltarmi collegatevi sul sito internet di Radio Orizzonti (http://www.radiorizzonti.net/) oppure, se vivete o vi trovate in Puglia in FM alle frequenze 102.8 o 103.4, verso le ore 19.30 -19:40.

mercoledì 25 aprile 2012

Videodrome n. 30

Emily Browning


Titolo italiano: Sucker Punch
Titolo originale: Sucker Punch
Regia: Zack Snyder
Anno: 2011
Cast: Emily Browning, Abbie Cornish, Jena Malone, Vanessa Hudgens, Jamie Chung, Carla Gugino, Oscar Isaac, Scott Glenn, Jon Hamm

Tanti auguri a me!


martedì 24 aprile 2012

The Avengers


Lo ammetto, non sono un'esperta di fumetti americani.
Quando ero piccola sono stata conquistata dai manga, per colpa di cartoni diabolici come Sailor Moon, Ranma 1/2 e Dragon Ball, che mi hanno evidentemente fatto un lavaggio del cervello visto che dopo 20 anni continuo ad amarli.
Poi confesso che ho anche una passione viscerale per Manara, ma solo perché disegna in maniera divina (certo, certo, dicono tutti così).


Insomma di fumetti americani so solo quello che il cinema e la tv mi hanno mostrato, quindi non posso cogliere le differenze tra originale e film, ma giuro che vorrei davvero colmare questa lacuna, anche se dovrei trovare qualche santo disposto a prestarmi una carriola di albi.


I superfan dei fumetti aspettano dunque questo film da anni: I Vendicatori solcano le pagine degli albi Marvel dal lontano 1963 e chi li ama non vedeva l'ora di un'adeguata trasposizione cinematografica. Oltre che nei cultori del fumetto, gli studi Marvel sono però stati in grado di creare una gigantesca attesa anche in chi, come me, di fumetti sa poco o nulla, grazie ad un'impressionante operazione di marketing cominciata circa cinque anni fa con il film L'incredibile Hulk. Girato per far dimenticare Hulk, la versione raffinatissima di Ang Lee purtroppo non apprezzata dal pubblico, il film con Edward Norton è stato il capostipite dell'era Avengers al cinema, con un cammeo alla fine dei titoli di coda che anticipava l'Iron Man con protagonista Robert Downey Jr., vero mattatore del filone, fino ad ora protagonista del film di maggior successo della saga ed interprete del personaggio più amato. Cominciata la catena sono poi arrivati anche Thor, Capitan America e un imbarazzante Iron Man 2 (Tony Stark che si fa la pipì nell'armatura è veramente la morte dell'epica supereroistica).


Presentati tutti i personaggi nei rispettivi film, mancava all'appello solo l'uomo in grado di riunirli tutti insieme nella stessa pellicola: a chi affidare questa grande responsabilità?
La scelta è ricaduta su Joss Whedon, che il grande pubblico forse non conosce, ma che personalmente ritengo uno degli autori più geniali attualmente in circolazione: basti sapere che è il creatore di quel capolavoro di Buffy l'ammazzavampiri (che, per quanto mi riguarda, gli conferisce gloria sempiterna e credibilità in eterno) nonché sceneggiatore proprio di fumetti.


Come se l'è cavata dunque Whedon con questo scalmanato gruppo di supereroi?
Il regista e sceneggiatore ha scelto di approfondire ulteriormente i personaggi, dedicando ad ognuno il suo spazio e seguendo la graduale maturazione di ognuno verso la presa di coscienza di che cosa significa essere un vendicatore. Una scelta rischiosa, che poteva uccidere l'azione, ma che si rivela invece la chiave di volta del film: ogni supereroe ha il suo momento, le sue caratteristiche, tutto è calibrato alla perfezione. Abbiamo così un saccente ed arrogante Tony Stark, a cui è affidata gran parte della comicità che contraddistingue le versioni cinematografiche degli eroi Marvel (e che ai puristi dà immensamente fastidio mentre al cinema funziona alla grande), Thor (Chris Hemswoth) si rivela sempre più irruento, Capitan America (Chris Evans) è ancora il ragazzo semplice che però al momento opportuno sa prendere in mano la situazione, Vedova Nera (Scarlett Johansson) si dimostra una donna di carattere e una perfetta eroina, mentre Loki (Tom "voce di velluto" Hiddleston) è raffigurato più come un cattivo schizofrenico e border line che come il classico cattivo. A rubare la scena però è il Bruce Banner di Mark Ruffalo, che interpreta per la prima volta lo scienziato/uomo-verde: sofferto, riflessivo, ironico quanto basta e stupendo quando si trasforma, è lui la vera rivelazione del film.


Alla fine dei giochi The Avengers si dimostra a sorpresa la migliore pellicola del nuovo progetto Marvel, piena di ritmo, azione, divertimento e soprattutto personaggi carismatici, riuscendo nell'intento di confezionare un blockbuster divertente e senza pretese.


Certo la pellicola non è esente da difetti: ricordiamo che vengono pronunciate le comiche, ed ormai già scult, parole "vulvetta lagnosa", che Thor sembra un surfista più che un re, che Loki avrebbe potuto essere un cattivo spaventoso mentre qui è forse un po' troppo isterico e che con una tale carica epica si sarebbe potuto fare, senza rinunciare alla spettacolarità, un capolavoro con maggior spessore (certo non tutti sono Christopher Nolan), però alla fine il film diverte ed appassiona. 
Inutile invece il 3D.


Anche se però il vero supereroe dell'anno che tutti stiamo aspettando è senza dubbio un certo cavaliere oscuro.


Chris Hemswoth e Chris Evans


La citazione: 
Loki: "Io ho un esercito!"
Tony Stark: "Io ho un Hulk!"

Hearting/Cuorometro: ♥♥♥1/2

Uscita italiana: 25 aprile 2012

Titolo originale: The Avengers
Regia: Joss Whedon
Anno: 2012
Cast: Robert Downey Jr., Chris Evans, Mark Ruffalo, Tom Hiddleston, Chris Hemsworth, Scarlett Johansson, Jeremy Renner, Samuel L. Jackson, Clark Gregg, Cobie Smulders, Gwyneth Paltrow, Stellan Skarsgard

Rocco Siffredi regista del biopic su Berlusconi?

Il divo hard si sarebbe offerto per dirigere un film su Silvio Berlusconi

Rocco Siffredi

A poche settimane dalle dichiarazioni di Silvio Berlusconi, che starebbe cercando un regista per realizzare un film sulla sua vita, c'è già chi si è fatto avanti.
Il nome però non è così prevedibile: pare infatti che la star dell'hard Rocco Siffredi abbia ammesso di voler girare e co-interpretare una pellicola con 'ex premier.

Siffredi ha infatti lanciato un appello provocatorio a Berlusconi durante un'intervista a Rai Radio2: “Io credo che Berlusconi sia una delle poche persone in Italia che potrebbero fare il mio lavoro. Ha già provato tutto. Questa è la sola esperienza che gli manca”.

Siffredi sa già come impostare il film: dovrebbero esserci lui, Berlusconi ed ovviamente un nutrito cast femminile.

Mel Gibson in “Machete Kills”

Il regista attore avrà un ruolo nel sequel di “Machete”

Mel Gibson

Dopo tanti film da regista, Mel Gibson tornerà a recitare: l'attore-regista è infatti entrato a far parte del cast di “Machete Kills”, sequel di “Machete” di Robert Rodriguez.

Nel sequel ci saranno sempre Danny Trejo nei panni di Machete e alla regia Robert Rodriguez, che non ha voluto svelare il ruolo interpretato da Gibson e che sta preparando anche il sequel di “Sin City”.

Nel cast ci sarà anche Michelle Williams mentre è quasi certo che ritroveremo Jessica Alba e Michelle Rodriguez.

Inoltre pare che il fim conterrà un nuovo trailer che sarà l'anticipazione del terzo capitolo della serie: “Machete Kills Again...In Space!”.


Pubblicato su Ecodelcinema.com

Jessica Chastain in “Iron Man 3”

L'attrice rivelazione di “The Tree of Life” nel terzo capitolo di “Iron Man”

Jessica Chastain

Dopo tanti film d'autore tra cui il capolavoro di Terrence Malick “The Tree of Life”, Jessica Chastain approda ad un blockbuster: dopo l'acquisto di Guy Pearce, anche l'attrice californiana è infatti entrata a far parte del cast di “Iron Man 3”, terzo capitolo sulle avventure di Tony Stark.

La Chastain interpreterà la scienziata Maya Hansen, personaggio esperto di nanotecnologie ed affiancherà Robert Downey Jr, Gwynteh Paltrow, Don Cheadle, Ben Kingsley e Guy Pearce.

“Iron Man 3”, scritto e diretto da Shane Black, arriverà al cinema il 3 maggio 2013.


Pubblicato su Ecodelcinema.com

Momento Di Vero Godimento n. 88



Joss Whedon + Neil Patrick Harris + Fantascienza/Musical = Horribleness




venerdì 20 aprile 2012

Citazione Cinematografica n. 209

"Ero diventato membro di quella che in quei giorni era una specie di massoneria, la massoneria dei cinefili, quelli che chiamavamo malati di cinema. Io ero uno degli insaziabili, uno di quelli che si siedono vicinissimi allo schermo. Perché ci mettevamo così vicini? Forse era perché volevamo ricevere le immagini per primi, quando erano ancora nuove, ancora fresche, prima che sfuggissero verso il fondo, scavalcando fila dopo fila, spettatore dopo spettatore, finché, sfinite, ormai usate, grandi come un francobollo non fossero ritornate nella cabina di proiezione".

da: The Dreamers - I sognatori

Michael Pitt


Titolo originale: The Dreamers
Regia: Bernardo Bertolucci
Anno: 2003
Cast: Michael Pitt, Eva Green, Louis Garrel

RadioVisioni su Radiorizzonti: le uscite cinematografiche del 20/4/2012


Judy Davis e Woody Allen in To Rome With Love

Anche oggi nella rubrica Radio Visioni su Radio Orizzonti parlerò delle uscite della settimana: Il primo uomo, To Rome With Love, George Harrison: Living in The Material WorldUna spia non basta, Roba da matti, Leafie - La storia di un amore, Male di miele, Street Dance 2

E come sempre la citazione cinematografica della settimana.

Per ascoltarmi collegatevi sul sito internet di Radio Orizzonti (http://www.radiorizzonti.net/) oppure, se vivete o vi trovate in Puglia in FM alle frequenze 102.8 o 103.4, verso le ore 19.30 -19:40.

giovedì 19 aprile 2012

To Rome With Love



Ammettetelo: appena si è saputo il titolo ufficiale del nuovo film di Woody Allen un gelido brivido vi ha attraversato la schiena. Possibile che persino un regista americano come Woody abbia dovuto mettere la parola "amore" nel titolo di un film girato in Italia, nello stile di un Giovanni Veronesi qualsiasi?

Quando poi è spuntato il poster su internet il brivido si è trasformato in una sempre più disturbante ansia: praticamente copiato da quelli di Manuale d'amore.

Ma non era ancora finita: il trailer ha rivelato la natura episodica del film, proprio come nell'italico filone già citato.

E invece non avevamo capito niente.
Sollevati?
Felici?
Tranquilli?
E no cari miei, il peggio doveva ancora arrivare: il film è una versione radical chic dei film dei fratelli Vanzina e Neri Parenti, un cinepanettone con musica classica e riferimenti a Freud.

Alec Baldwin vestito come Christian De Sica in un qualsiasi film di Natale (pantaloni chiari e giacca blu n.d.r.), che dice le stesse battute e si fa gli stessi problemi solo con qualche "li mortacci tua" e "merda" di meno.
Jesse Eisenberg nel ruolo del ragazzetto ingenuo che deve essere "svezzato".
Ellen Page che fa la ragazzina spontanea e fresca che si rivela un po' "allegrotta".
Penelope Cruz nel ruolo  del mignottone di turno.
Roberto Benigni nei panni di un personaggio (che ai tempi d'oro dei cinepanettoni sarebbe stato senza dubbio di Massimo Boldi) che offre inizialmente uno spunto anche interessante ma che poi è tirato decisamente troppo per le lunghe, della serie una battuta fa ridere la prima volta, magari anche la seconda, ma alla trentesima ha decisamente fatto il suo tempo.
Ci sono pure gli stilisti Dolce e Gabbana in un piccolo cameo (chissà quanto l'avranno pagato).

Per non parlare degli stereotipi sull'Italia: la mamma sanguigna, vestita di nero, che quando si arrabbia brandisce coltelli (ma perché?!); la giovane coppia di provincia vestita come negli anni '50 (ma perché n. 2?!), che dimostra come chi vive in un piccolo paese sia un idiota totale (ma perché n. 3?!); gli uomini d'affari che pensano solo alle escort e alla cocaina (ok, questo forse è vero); gli uomini cialtroni che cercano di portarsi a letto chiunque gli capiti a tiro (ok forse è verosimile pure questo); il sugo che secondo gli americani si fa aggiungendoci mezzo litro di vino rosso (e qui Woody hai proprio toppato).

E poi gli scambi di coppia, il ladro che si nasconde nel bagno, gli scambi di persona, gli equivoci: dillo Woody che hai copiato dai film dei Vanzina!
Ci mancava solo la colonna sonora a base di classici di Scatman (e comunque la musica, arie di opera e uno scontatissimo "Nel blu dipinto di blu" nei titoli di testa esclusi, sembra presa dalle commedie sexy anni '70).

Sottile parodia dei costumi italici?
Forse.
Smaccata paraculata per sbancare nei cinema italiani?
Probabile.

Certo è che il ritratto che ne viene fuori dell'Italia è terribile e avvilente, anche perché davvero ci fa rimpiangere i cinepanettoni: almeno quelli sono onesti e genuini, mentre qui c'è anche una spessa patina di finto intellettualismo, di insopportabile snobbismo radical chic.
Non pensavo che l'avrei mai detto, ma il film di Woody mi fa rimpiangere i fratelli Vanzina.
Aridatece i cinepanettoni.

Jesse Eisenberg e Alec Baldwin


La citazione: "Se sei in contatto con Freud digli che rivoglio i miei soldi"

Hearting/Cuorometro: ♥1/2

Uscita italiana: 20 aprile 2012

Titolo originale: To Rome With Love
Regia: Woody Allen
Anno: 2012
Cast: Woody Allen, Roberto Benigni, Alec Baldwin, Judy Davis, Jesse Eisenberg, Ellen Page, Penelope Cruz, Alessandra Mastronardi, Alessandro Tiberi, Riccardo Scamarcio, Antonio Albanese

mercoledì 18 aprile 2012

Detective mon amour, l’irresistibile categoria

Sono i padroni indiscussi del piccolo schermo: da più di 60 anni i detective, astuti, intuitivi, razionali, serissimi o spacconi. Figure complesse e affascinanti che avvincono lo spettatore

Sherlock Holmes (Ronald Howard) di Sherlock Holmes (1954)

Avvocati e medici ci provano, ma, tranne qualche raro caso, come Gregory House o Perry Mason, non riescono a rubar loro la scena. I detective sono, da più di sessant’anni, i padroni indiscussi del piccolo schermo. 

Tutto cominciò grazie ad Edgar Allan Poe. Il maestro della letteratura gotica nel 1841 scrisse “I delitti della via Morgue”, in cui compare Auguste Dupin, primo detective della storia. Dotato di grandi capacità deduttive, a lui si ispirò qualche decennio più tardi Sir Arthur Conan Doyle per creare l’investigatore più famoso di tutti i tempi, Sherlock Holmes, che fa la sua prima apparizione in “Uno studio in rosso” del 1887. Da allora, visto il clamoroso successo di pubblico, altri scrittori hanno dato vita a detective entrati ormai nell’immaginario collettivo: Agatha Christie con i suoi Miss Marple e Hercule Poirot, George Simenon creatore del commissario Maigret, Rex Stout con Nero Wolfe, Raymond Chandler fino ai nostrani Camilleri con il commissario Montalbano e Carlo Lucarelli

La figura del detective ha il pregio di offrire possibilità narrative, spunti di riflessione e occasioni di avventura, e forse per questo ha stregato autori e spettatori. Non a caso tutti gli investigatori più famosi della letteratura hanno avuto una seconda vita in celluloide. Ma è la tv il luogo dove l’investigatore è valorizzato al meglio: grazie al maggior tempo a disposizione e alla suddivisione in episodi, a differenza del cinema, le serie tv sviluppano le storie ed i personaggi con un linguaggio che è più vicino alla letteratura, creando una vera e propria fidelizzazione dello spettatore al personaggio. 

I detective della tv sono centinaia: abbiamo provato a scattare una foto della loro evoluzione attraverso i decenni. 

Anni ’50: dalla radio alla tv 
Il primo è stato Joe Friday della serie “Dragnet”: nato dall’estro dell’attore e scrittore Jack Webb, Friday è stato prima protagonista di una serie trasmessa via radio e poi è sbarcato in televisione nel 1951. Sergente di polizia, impeccabile nel vestire, intuitivo e pronto all’azione: questo è il prototipo dell’investigatore pieno di carisma, polso ed eleganza che per anni ha dettato legge in tv. Sul modello di Friday possiamo ricordare anche: Mike Hammer, protagonista dell’omonima serie del ’58, investigatore privato veterano di guerra, interpretato da Darren McGavin, e Peter Gunn, sempre ben pettinato ed amante del jazz, interpretato da Craig Stevens, protagonista della serie omonima creata dal regista Blake Edwards, la cui colonna sonora, composta da Henry Mancini, ha vinto due Grammy

Joe Friday (Jack Webb) di Dragnet (1951 - 1959)


Anni ’60: la rivoluzione dei costumi in un proverbio 
Cambia il decennio e si evolvono gli investigatori: non più impeccabili come i colleghi degli anni ’50, ma pronti a sciorinare proverbi e a combattere in stile kung fu come Joe Mannix, interpretato da Mike Connors, apparentemente distratti e trasandati come il tenente Colombo interpretato da Peter Falk, o impegnati in acrobazie sulla tavola da surf come i protagonisti di “Hawaii squadra cinque zero”. I detective di questo periodo sono più ironici, meno quadrati, più simpatici. 

Tenente Colombo (Peter Falk) di Colombo (1968 - 2003)


Anni ’70: l’età d’oro dei detective 
Negli anni ’70 i detective hanno fatto il salto di qualità: da figure intriganti dotate di humor ed intuizione si sono trasformati in protagonisti a tutto tondo, complessi, a volte tormentati. Come il protagonista di “CannonFrank Cannon, interpretato da William Conrand: ex agente di polizia, Cannon diventa investigatore privato dopo l’uccisione della moglie e del figlio. Come Colombo anche lui è un accanito fumatore ma l’azione più bruta non lo spaventa: porta sempre con sé una calibro 38 e padroneggia judo e kung fu. Cannon è uno dei primi che si getta nell’azione pura e cruda, che mostra come i detective non siano solo deduzione e osservazione ma anche sangue e sudore. Da una costola di “Cannon” nasce un altro investigatore tormentato, Barnaby Jones interpretato da Buddy Ebsen, anche lui segnato dall’assassino del figlio. Altro investigatore dal passato oscuro è Jim Rockford protagonista di “Agenzia Rockford”, interpretato da James Garner, ex soldato imprigionato ingiustamente per cinque anni divenuto poi detective privato senza ufficio, squattrinato, privo di porto d’armi ed incallito donnaiolo. Altri nomi di spicco del periodo sono Ellery Queen, interpretato da Jim Hutton, che come un consumato attore alla fine di ogni episodio raduna tutti in una stanza per poi rivelare l’assassino, l’impassibile ispettore Derrick interpretato da Horst Tappert, lo scatenato John Shaft di Richard Roundtree, e la scanzonata coppia di protagonisti di “Starsky and Hutch”, impegnati in corse folli sulla loro Ford Gran Torino rossa e bianca. Il vero re degli anni ’70 è però Theo Kojak, interpretato da Telly Savalas: pelato, con degli inconfondibili occhiali da sole, amante dei lecca-lecca, cinico, ironico, testardo. Senza dubbio tra i caratteri più indimenticabili della tv. 

Theo Kojak (Telly Savalas) di Kojak (1973 – 1978)


Anni ’80: il fascino del cattivo ragazzo 
Negli anni ’80 altra rivoluzione dei costumi: accantonati completi e cravatte, il detective è ora un uomo bello, palestrato, perennemente abbronzato, che ostenta abiti alla moda, beve, fuma, si concede vizi di ogni tipo ed è un super donnaiolo. Personaggi simbolo di questo periodo sono Magum di “Magnum P.I.” interpretato da Tom Selleck e Sonny e Rico di “Miami Vice”, rispettivamente Don Johnson e Philip Michael Thomas. Questi detective vivono nel lusso, guidano Ferrari, sono piacioni e sbruffoni e, tra una conquista e l’altra, si concedono anche qualche indagine. 

Magnum (Tom Selleck) di Magnum, P.I. (1980 – 1988)


Anni ’90: il trionfo della legge e del paranormale 
Gli anni novanta sono stati anni complicati, in cui si è rinnegata tutta l’ostentazione degli ’80 ma non si è ritornati al rigore dei ’50: ecco perché a prevalere nelle serie tv sui detective sono stati il genere legale e quello paranormale. Per il primo filone abbiamo come esponente principe “Law and Order”, da cui sono nati anche “Law and Order – Vittime speciali” e “Law and order – Criminal Intent”: serie che indagano dall’interno il sistema giudiziario americano, mettendo a confronto polizia e pubblici ministeri, creando diversi spunti di riflessione interessanti e dando vita a personaggi ben caratterizzati come Lennie Briscoe, interpretato da Jerry Orbach, Elliott Stabler (Christopher Meloni), Zach Nichols (Jeff Goldblum) e Robert Goren (Vincent D’Onofrio). Mettere in discussione l’intero sistema legale è un atteggiamento adatto a chi prende la vita di petto, mentre per chi invece è più introverso o se vogliamo romantico, il detective diventa una metafora della ragione che si scontra con le paure, l’inspiegabile, l’ignoto: proprio da questa prospettiva nascono le figure più interessanti del decennio, su tutti il Fox Mulder (David Duchovny) di “X-files” e il Dale Cooper (Kyle MacLachlan) di “Twin Peaks”. Questi detective affrontano alieni, mostri e fantasmi, spesso chiedono allo spettatore di abbandonare la classica analisi razionale e di compiere un atto di fede: i tempi sono decisamente cambiati da quelli di Sherlock Holmes. Da ricordare nel filone paranormale anche “Angel”, spin-off di “Buffy l’ammazzavampiri” in cui il vampiro Angel (David Boreanaz) diventa investigatore privato. Non mancano però anche i cani sciolti: ricordiamo quindi Jack Frost (David Jason) per gli amanti dei detective vecchio stile e Rex, vero e proprio cane, detective a quattro zampe che ha rubato la scena a molti colleghi in carne ed ossa. 

Dale Cooper (Kyle MacLachlan) di Twin Peaks (1990 - 1991)


Anni 2000: schiavi della tecnologia e della mente 
Il 2000 è stato l’anno del Millennium Bug, della diffusione globale di internet, del boom dei cellulari: anche i detective si sono aggiornati, diventando spesso dei veri e propri scienziati. La serie simbolo di questa decade è “C.S.I. – Scena del crimine”, che ha dato poi vita agli spin-off “C.S.I. Miami” e “C.S.I. – NY”: i protagonisti Gil Grissom (William Petersen), Horatio Cane (David Caruso) e Mac Taylor (Gary Sinise) si avvalgono di tecnologie all’avanguardia, grazie allo studio di un insetto possono infatti risalire all’assassino. Come loro, tanti altri colleghi hanno creato l’assioma “scienziato è bello”: Seeley Booth (David Boreanaz) di “Bones” è un agente dell’FBI specializzato in casi di omicidio che si fa aiutare dall’espreta di ossa Temperance Brennan; Aaron Hotchner (Thomas Gibson) e David Rossi (Joe Mantegna), protagonisti di “Criminal Minds”, scienziati della mente, in grado di risolvere un caso ricostruendo il profilo psicologico dell’assassino; Cal Lightman (Tim Roth) di “Lie to me” è un esperto di espressioni del volto umano e quindi è in grado di interrogare con successo chiunque, mentre Walter e Peter Bishop di “Fringe” sono praticamente dei “tuttologi”. 

Gil Grissom (William Petersen) – CSI: scena del crimine (2000 - )


Anni 2010: ritorno alle origini 
In questi ultimi anni dopo un ventennio di scienziati ed esperti di paranormale si è tornati alle origini: dalla Gran Bretagna arrivano infatti “Sherlock”, nuova produzione di Sherlock Holmes, e “Luther”, il cui protagonista è ispirato al personaggio inventato da sir Arthur Conan Doyle e al tenete Colombo. In America invece il detective è in crisi: serie come “Dexter”, “Prison Break” e “Breaking Bad” hanno infatti spostato l’attenzione sui criminali, cercando di capirne la spesso ben più complessa ed affascinante psicologia. 

John Luther (Idris Elba) di Luther (2010 - )


Non solo detective in carne ed ossa 
I detective entrati nell’immaginario collettivo non sono però solo quelli in carne ed ossa: soprattutto in Giappone sono nati personaggi memorabili come Ryo Saeba, protagonista di “City Hunter”, detective ispirato al Sonny di “Miami Vice”, l’ispettore Gadget, Shinichi Kudo di “Detective Conan” e l’ispettore Zenigata, acerrimo nemico di Lupin III

ispettore Zenigata di Lupin III


Il fronte interno 
Anche in Italia abbiamo figure che sono entrate nell’immaginario collettivo: il re dei detective nostrani è senza dubbio la creatura di Andrea Camilleri Salvo Montalbano, il commissario siciliano amante del cibo, del mare, della sua compagna Livia, irascibile, impulsivo ma onesto ed infallibile nelle indagini, che ha appassionato il pubblico sia nella versione adulta interpretata da Luca Zingaretti, sia nella recente versione giovane con Michele Riondino protagonista. Tra i nomi da ricordare il “Maresciallo Rocca” interpretato da Gigi proietti, carabiniere romano pieno di ironia, e Don Matteo, prete interpretato dall’ex pistolero Terence Hill, che a cavallo della sua bicicletta e con la cronaca svolazzante riesce a risolvere casi apparentemente impossibili.

Salvo Montalbano (Luca Zingaretti) di Il commissario Montalbano (1999 -)


Pubblicato su TvZap.

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